
L'impiego come rimedio per il trattamento dei disordini dell'umore è molto antico, ma largamente inesplorato da parte delle scienza, almeno fino ad ora. Infatti, recentemente alcune ricerche hanno mostrato che lo zafferano è davvero capace di prevenire e alleviare i sintomi della depressione e di altri disturbi dell'umore.
Lo zafferano, Crocus sativus L., appartiene alla famiglia delle iridacee. In Occidente, il suo utilizzo in cucina è vecchio di 3000 anni, dato che i quei tempi a Santorini, in Grecia, se ne faceva già largo uso. Poi, lo zafferano si è diffuso ai paesi vicini, soprattutto dell'area mediterranea, successivamente raggiungendo la Persia e l'India, che attualmente sono i due principali produttori mondiali di questa spezia. Nel vecchio continente, i maggiori produttori sono Grecia, Spagna e Italia.
In autunno, i fiori sono raccolti si primo mattino, quando sono appena aperti: gli stigmi, che costituiscono la vera e propria droga, vengono estratti manualmente. Poi, sono messi a seccare, tenendo conto di precisi valori di temperatura e umidità. Queste condizioni facilitano lo sviluppo di certi componenti come il safranolo, una molecola responsabile del particolare aroma della spezia. Ci vogliono circa 150.000 – 220.000 fiori per produrre un Kg di zafferano.
Alla fine, si ottengono, sulla base della loro qualità, tre tipi di zafferano, con le seguenti caratteristiche:
• a stigma intero, incluso sia le parti rosse che gialle;
• a stigma separato rosso, più aromatico, ma più costoso;
• a stigma giallo, da sapore forte, ma meno aromatico e anche relativamente meno costoso.
• a stigma separato rosso, più aromatico, ma più costoso;
• a stigma giallo, da sapore forte, ma meno aromatico e anche relativamente meno costoso.
Dalla raccolta al prodotto finito, il lavoro viene condotto per lo più a mano, in modo minuzioso e in tempi lunghi. La bassa resa e la manodopera impiegata rende ragione del suo alto costo. Quale prodotto pregiato, lo zafferano è anche oggetto di falsificazione. L'analisi di 151 campioni di zafferano ha mostrato che nel 90% erano presenti sostanze estranee.
I principali componenti dello zafferano sono: carotenoidi, della famiglia dei crocini, responsabili del colore giallo-arancio; picrocrocina, cha dà il sapore amaro; l'aldeide, sostanza volatile responsabile del tipico sapore dello zafferano e generato dal safranolo che si forma durante il processo di essiccazione.
Alcuni studi condotti tra il 2005 e il 2006 hanno voluto indagare l'effetto dello zafferano sui disturbo dell'umore. A questo scopo è stato somministrato 30 mg di estratto di zafferano al 2% di saffranolo, per due volte al giorno, a gruppi di volontari e poi sono stati misurati 17 parametri relativi alle loro capacità mentali e al loro stato umorale, basandosi sul “Punteggio di Hamilton per la Depressione”.
Gli studi erano in doppio ceco. Lo zafferano è stato in grado di ridurre in modo significativo l'intensità dello stress e sul piano dei sintomi depressivi l'effetto è stato paragonato a quello di due molecole farmaceutiche come l'imipramina e la fluoxetina (Prozac®). L'effetto dello zafferano sull'umore è stato quasi immediato, iniziando già dalle prime somministrazioni.
Bibliografia
- Akhondzadeh S, et al. Comparison of Crocus sativus L. and imipramine in the treatment of mild to moderate depression: a pilot double-blind randomized pilot trial [ISRCTN45683816], BMC Complementary and Alternative Medicine, 4 (2004) 12-16.
- Noorbala A.A et al. Hydro-alcoholic extract of Crocus sativus L. versus fluoxetine in the treatment of mild to moderate depression: a double-blind, randomized pilot trial. Journal of Ethnopharmacology, 97 (2005) 281-284.
- Moshiri E. et al. Crocus sativus L. (petal) in the treatment of mild to moderate depression: a double-blind, randomized and placebo-controlled trial. Phytomedecine, 13 (2006) 607-611.
- Basti A.A et al. Comparison of petal of Crocus sativus L. and fluoxetine in the treatment of depressed out-patients: a pilot double-blind randomized trial. Progress in Neuro-Psychopharmacology & Biological Psychiatry, 31 (2007) 439-442.
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