
Non ha importanza. Quel che è importante, infatti, è riconoscere che una combinazione di corruzione politica, avidità delle multinazionali e di propaganda di guerra dei militari, ha spinto il battito cardiaco di questo pianeta, da un punto di vista sociale, ecologico e culturale, al limite della trombosi.
E quel che c’è dietro questo stato delle cose, non è più un rovinoso atto della natura – come avrebbe potuto essere il caso 10mila anni fa- ma una stretta enclave di mediatori del potere, dei “brokers” del potere, la cui agenda è ed è stata, promuovere la creazione di una rete distruttiva, progettata in modo tale che tutto il popolo sia soggetto ad una dose quotidiana di medicina tossica, architettata per instillare una corrente ininterrotta di ansia e paura.
(...) ecco quindi il dilemma. Se questa crisi in corso si manifestasse “con ritmi costanti” , sarebbe possibile trovare una via gestibile in qualche modo, per mitigare ognuna delle sue fasi. Ma se le cose crollassero velocemente, una grande fetta di umanità sarebbe portata via dalla corrente, insieme ai detriti e le scorie.
La prospettiva di una “caduta veloce” ci presenta un rompicapo molto particolare, perché per noi è difficile immaginare un risultato che non ha precedenti, almeno negli ultimi 10mila anni. Sto sostanzialmente parlando di un collasso globale che accade su tutti i fronti in un tempo relativamente stretto in ognuno di essi.
Prepararsi per qualcosa che non possiamo ben immaginare richiede una concentrazione speciale.
(...) E, se dessimo piu’ pienamente il nostro sostegno alla causa benigna, noi stessi potremmo essere coinvolti in un ruolo di guida e nel dar forma al futuro del nostro pianeta. Non dando questo sostegno, invece, concentrandoci solo su un piano di sopravvivenza personale, non potremo che avere uno scenario del peggiore dei casi
E’ per questa ragione che pongo la domanda: è addirittura desiderabile cercare di prepararsi all’apocalisse? Non sarebbe meglio dirigessimo la nostra migliore concentrazione nel confrontarci con la causa e nell’affrontarla?
Il pericolo è che nel dedicarci alla preparazione fisica e mentale ritenuta necessaria per sopravvivere allo scenario peggiore che possa capitare, ci si precluda di andare oltre nel campo dell’azione per contribuire ad un cambiamento nell’equilibrio del potere, allontanandoci dalla rovina incombente.
Accade spesso che sentano oggidì degli appelli che invitano a rinunciare all’impulso di agire, per sfociare invece nella reazione introversa del ‘preparati per la tua sopravvivenza’. Qui la faccenda si fa sottile: color che dicono “ritirata strategica” lo fanno spesso citando una dottrina spirituale o religiosa.
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